La geodinamica dell’Etna
L’Etna è senza dubbio un vulcano “sui generis”, che si differenzia dai vicini vulcani delle Eolie e dal Vesuvio che si trovano a ridosso dei margini di contatto tra le zolle africana ed europea: le due zolle, o placche, tendono a scontrarsi spingendosi l’una verso l’altra (compressione); questo è il tipico caso dell’arco magmatico, in cui una zolla (in questo caso l’africana) scorre sotto l’altra (l’europea).
Durante la subduzione (cioè lo scivolamento verso il basso) la crosta terrestre si scioglie e forma un magma molto ricco di silice, cioè acido e viscoso che esce fuori da vulcani molto esplosivi e pericolosi.
L’Etna invece ha una composizione del magma molto differente, povera di silice, poco acida e quindi anche più fluida, infatti le eruzioni non sono quasi mai esplosive né particolarmente pericolose. Questo si spiega con l’ipotesi scientifica di una Compressione Differenziale dei margini delle due zolle. Cioè nella parte più orientale le zolle si spingono in modo più forte che nella parte occidentale con l’effetto di una rotazione e la formazione di alcune fratture (scarpate); l’Etna si trova lungo una di queste scarpate i cui margini si allontanano.
Il fenomeno di allontanamento (distensione) tra zolle o parti di esse, provoca la formazione di vulcani che attingono il magma dall’astenosfera cioè dalle profondità del globo. Infatti il magma dell’Etna ha le caratteristiche fisico-chimiche di tali vulcani.